Mostra diffusa con artiste e artisti palestinesi, talk e pratiche collettive. Un invito a vivere l’arte come spazio di resistenza, confronto e immaginazione politica.
Data:
Luogo: DAMSLab/Auditorium (Piazzetta P.P. Pasolini, 5b - Bologna)
Tipo: DAMSLab | La Soffitta
Organizzato da: Massimiliano Mollona Ruba Salih
In collaborazione con: :Faisal Saleh Palestinian Museum USP
Con: Alessandro Petti, Sandi Hilal, Rana Anani, Bayan Abu Nhala
Il Museo Disperso, Foreigners in Their Homeland a Bologna.
Il Museo Disperso è pratica, approccio, prospettiva in continuo divenire: dal 30 maggio all’8 giugno a Bologna si declina in Foreigners in Their Homeland.
10 giorni di mostra diffusa sul territorio, con talk, momenti di confronto collettivo e occasioni di interfacciarsi con artiste e artisti palestinesi e le loro pratiche: mentre il mondo guarda, citando Gina Nakhle Coller da Bologna si attiva una convergenza di realtà, spazi e persone intorno al potere prefigurativo dell’arte e a ciò che la riflessione - e azione - collettiva può portare.
Lungi dall’essere qualcosa di definito e definitivo, tale potere viene messo in mostra per essere messo in discussione, attraversato e occupato da chi deciderà di non rinunciare a questa occasione.
PROGRAMMA:
Martedì 3 giugno
Cinema come Spazio di Prefigurazione Politica
Introducono Sara Cherif e Massimiliano Mollona
Rifletteremo insieme sul ruolo delle immagini e dell’immaginazione nel contesto del genocidio in Palestina, ma anche sui contesti e le strutture istituzionali in cui immagini del dolore vengono mostrate e fatte circolare.
14.30 - 16.30 Immagini crudeli
Lorenzo Pezzani, Tareq Tamimi e Oraib Toukan
Le immagini crudeli rappresentano una forma di degradazione. Da un lato, raffigurano soggetti politicamente degradati che, a loro volta, vengono ulteriormente compromessi attraverso il passaggio e la mediazione dell'immagine, e infine ridotti di nuovo dalla sola esposizione: nell’essere viste, analizzate o ignorate. La ricerca sulle immagini crudeli mira a esplorare proposte per de-crudelizzare le immagini stesse. La metodologia di Oraib Toukan si fonda sulla manipolazione e riedizione di materiali d’archivio trovati, in fase di post-produzione, dove la conoscenza si genera da un’estrema vicinanza alla materialità dell’immagine, attraverso la dialettica del montaggio. La sua ricerca si domanda se l’astrazione ottenuta tramite una prossimità radicale alla materia della violenza – fino al livello della grana del pixel – possa superare la rappresentazione della violenza stessa, trasformandola in un campo di conoscenza attraverso la visione: quando le immagini sembrano diventare tangibili, e dunque capaci di toccare. Può un cambio di rotta nel modo di guardare la sofferenza segnare un nuovo percorso di de-crudelizzazione? Almeno verso una coscienza collettiva, e quindi verso uno spostamento del quadro, in vista del prossimo ciclo di violenza?
16.45 - 18.00 Programma di Cortometraggi Palestinesi
Introduce Salim Abu Jabal
In questo programma di cortometraggi, diciannove artisti palestinesi condividono con noi la loro esperienza di vivere sotto occupazione. Le loro opere differiscono nel tono, forma e approccio, riflettendo una molteplicità di prospettive e di sensibilità guidate da storie personali, urgenze politiche e dall’etica della resistenza.
La prima impressione nel guardare questi film è quella di una frammentazione ed una eterogeneità di affetti, sentimenti e posizioni – dall’ironia, all’agonia, alla claustrofobia, al dolore e persino all’autodistruzione – profondamente vissute attraverso i corpi, per lo più di giovani e donne, che non cessano mai di rendersi visibili, presenti e "indisciplinati", verso le separazioni, le divisioni e le barriere imposte dalla disumanizzante biopolitica dell’occupazione israeliana.
Questi film non cercano di unificare la sofferenza in un’unica narrazione, ma piuttosto di esporre gli strati e le fratture all’interno dell’esperienza stessa dell’oppressione – dove il silenzio risuona forte quanto le grida, e dove gesto, ritmo e sguardo diventano atti di resistenza.
La frammentazione affettiva e l’eterogeneità nella struttura del sentire di questi film palestinesi possono aiutarci a ripensare il nostro “modo imperiale” di guardare, collezionare e condividere le immagini? Possiamo immaginare un modo di vedere che non estragga, estetizzi o normalizzi la sofferenza?
Segue una conversazione tra Salim Abu Jabal ed Ola Salama
18:00 – 19:00 La Vita delle Immagini: una Riflessione sul racconto mediatico della guerra
conversazione con Lorenzo Tugnoli.
Mercoledì 4 giugno (15.00 - 18.00) Arte e Genocidio. Solidarietà artistica come modalità di lotta
Introduce Massimiliano Mollona
La Palestina è oggi il teatro delle forme più violente e brutali di cancellazione coloniale da parte dei coloni, ma è anche, forse non sorprendentemente, il punto generativo di convergenza di movimenti (anticoloniali, neri, indigeni e abolizionisti) e di popoli le cui rivendicazioni affondano le radici nella violenza strutturale della modernità coloniale occidentale – una violenza che si manifesta tanto nei suoi residui quanto nelle sue operazioni ancora attive. Ma quale tipo di immaginario decoloniale può nascere da questa convergenza? Quali orizzonti possono essere concepiti in un tempo di violenza genocidaria, quando la stessa materialità dei mondi vitali e dell’esistenza palestinese viene erosa giorno dopo giorno? Con questo intervento, intendo offrire alcune riflessioni su Gaza e su un futuro decoloniale come antidoto all’impasse del presente.
Rana Anani, Bayan Abu Nahla, Sandi Hilal, Alessandro Petti, Ruba Salih
BIOGRAFIE
Rana Anani è curatrice, scrittrice e ricercatrice nel campo delle arti visive e della cultura. Attualmente è fellow presso l’Istituto di Studi Palestinesi (Beirut) e redattrice del suo blog in arabo Falastin Al Maydan. Fa anche parte del consiglio direttivo del Centro Culturale Sakakini a Ramallah.
Sandi Hilal e Alessandro Petti sono architetti e ricercatori noti per il loro lavoro all’intersezione tra arte, architettura e giustizia sociale. In qualità di co-fondatori della Decolonizing Architecture Art Residency (DAAR), esplorano le tematiche del colonialismo, dell’urbanistica e dei diritti dei rifugiati attraverso una pratica politicamente impegnata e artistica.
Bayan Abu Nahla è un artista visiva. Gran parte delle sue opere affrontano questioni legate all’umanità, in particolare al modo in cui le persone sono influenzate dal proprio ambiente e dalle emozioni legate a momenti storici traumatici.
Salim Abu Jabal è produttore e regista cinematografico. Nel 2005 ha fondato un festival cinematografico itinerante, Film behind the wall, specializzato nel cinema palestinese proveniente dalla Cisgiordania e da Gaza. Nel 2013 ha inoltre fondato un Cineclub dedicato al cinema indipendente a Haifa, Ramallah, Gaza, Betlemme e Jenin.
Lorenzo Pezzani è architetto e ricercatore; il suo lavoro esplora la politica spaziale, le culture visive e le ecologie politiche della migrazione e delle frontiere. Attualmente è professore associato presso il Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna, dove dirige un laboratorio che indaga le (im)mobilità intersezionali attraverso l'immaginazione forense.
Ola Salama e’ direttrice esecutiva di Filmlab Palestine, un'organizzazione non profit che promuove il cinema come strumento di espressione personale, di narrazione e di preservazione della memoria collettiva in Palestina.
Ruba Salih è professoressa di Antropologia presso l’Università di Bologna. Le sue ricerche e pubblicazioni trattano la migrazione transnazionale e le diaspore tra il Medio Oriente e l’Europa, la colonizzazione e la decolonizzazione, i rifugiati e la questione palestinese, la memoria di genere e i traumi coloniali. Fa parte del Consiglio Direttivo di Insaniyyat, Società degli Antropologi Palestinesi.
Tareq Tamimi è ricercatore presso l’Università di Bologna. Conduce la sua ricerca all’interno del progetto "HEMIG: Ambienti Ostili: L’ecologia politica della migrazione e della violenza alle frontiere".
Oraib Toukan è un’artista, scrittrice e docente. Lavora con testi, film e fotografia per esplorare l’essenza delle immagini, spesso attingendo al lessico arabo per una rinnovata comprensione. È borsista EUME presso il Forum Transregionale Studien di Berlino, in collaborazione con l’Istituto Harun Farocki.
Lorenzo Tugnoli e’ un fotoreporter italiano con base a Beirut. Ha vinto il Premio Pulitzer per la Fotografia d’Autore nel 2019.
Giulia Rho è una studentessa magistrale in Arti Visive – Arts, Museology and Curatorship all’Università di Bologna. È interessata al potenziale dell'arte e dell'architettura sociale nella ricerca di processi collettivi, democratici e partecipativi volti a ridefinire la convivenza urbana.
Daria Passaponti laureata in Arti Visive e Curatela, e’ vicina ai temi della rivendicazione degli spazi e della relazionalità’ dal basso, e prende parte alla costruzione di situazioni collettive atte alla ricerca di orizzontalità e confronto, in relazione alle espressioni della contemporaneità.
Sara Cherif è un'artista multidisciplinare la cui pratica si muove tra fotografia, film e design. Il suo lavoro si concentra sulle tracce e sulle storie che questi strumenti portano con sé e su come l'arte sia uno spazio di resistenza. Attualmente sta conseguendo un Master in Curatela e Museologia a Bologna.
Massimiliano Mollona e’ antropologo e filmmaker. Il suo lavoro si incentra sulla relazione tra arte ed economia politica – con particolare attenzione alle questioni di classe, lavoro e post-capitalismo – e sull'arte decoloniale, in particolare il cinema. Attualmente è professore associato presso il Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna.