Pensiero Radicale Esibito

Mostra a cura di Anna Rosellini, con la collaborazione di Alessandro Paolo Lena e Stefano Setti

  • Data:

    17 NOVEMBRE 2025
    -
    27 MARZO 2026
     
  • Luogo: Biblioteca delle Arti, sezione Arti visive "I. B. Supino", complesso di Santa Cristina, Piazzetta G. Morandi 2, 40125 Bologna - Evento in presenza e online

  • Tipo: Mostre

La mostra Pensiero Radicale Esibito si inserisce nel progetto Blind Spot: percorsi inediti nella Biblioteca Supino, nato con l’obiettivo di valorizzare il ricco patrimonio librario della Sezione Arti visive della Biblioteca delle Arti attraverso esposizioni tematiche che coinvolgano direttamente libri, documenti e materiali in essa conservati. Il progetto mira a far emergere contenuti, sguardi e connessioni non immediatamente visibili – dei veri e propri “punti ciechi” – restituendo centralità al libro come strumento vivo di ricerca, racconto e visione, e attivando percorsi di lettura e interpretazione inediti attraverso il coinvolgimento diretto della comunità studentesca e accademica.

 Ideata e coordinata dalla prof.ssa Anna Rosellini, con la collaborazione di Alessandro Paolo Lena e Stefano Setti, la mostra nasce da un ampio lavoro collettivo che ha coinvolto gli studenti e le studentesse del corso di laurea magistrale in Arti Visive (curriculum Arts, Museology and Curatorship / Arts, Muséologie et Curatorship) e della Scuola di Specializzazione in Beni Storico-Artistici dell’Università di Bologna. Accanto alla valorizzazione del patrimonio librario, il progetto promuove una forma di didattica partecipativa, in cui gli studenti sono protagonisti attivi della progettazione curatoriale, dell’allestimento e della mediazione culturale.

 Il tema fondante della mostra ruota attorno al concetto di habitat, inteso nel suo significato originario: tutto ciò che offre le condizioni ottimali di vita per lo sviluppo di una specie. In questo senso, l’habitat comprende una molteplicità di ambiti – il vestito, il mobile, la stanza, la città, il territorio – all’interno dei quali si articola la vita. In linea con l’approccio dell’architettura radicale, l’edificio come forma costruita viene superato, e lo spazio è ripensato in chiave critica come sede per nuove progettualità e differenti modalità dell’abitare.

 Il progetto si sviluppa in sei nuclei tematici, ciascuno dedicato a un aspetto dell’architettura radicale, con particolare attenzione alle esperienze dei collettivi Superstudio e Archizoom Associati: l’esperienza laboratoriale dei Global Tools; l’architettura, luogo vivo, interpretata attraverso gli strumenti del collage e del fotomontaggio; la città, una riflessione sulle “12 città ideali” tra utopia e provocazione e sull’habitat inteso come possibilità del vivere alternativo; l’abito e il suo potere relazionale nelle intuizioni del pensiero radicale; il mobile, strumento del vivere creativo. Ogni tema è raccontato attraverso una teca espositiva che raccoglie libri, articoli, fotografie, disegni, documenti e modelli. Un insieme eterogeneo di materiali documentali che restituisce la complessità e la ricchezza delle sperimentazioni radicali.

 A ogni teca si affianca un “fuori teca”: progetti grafici, installazioni, workshop e dispositivi partecipativi che occupano anche gli spazi del complesso di Santa Cristina e coinvolgono il pubblico in esperienze sensibili, giocose, relazionali. Questi dispositivi danno corpo alla dimensione viva dell’architettura radicale, riprendendone lo spirito sperimentale, l’inventiva collettiva e la capacità di reinventare il quotidiano. Sono pensati come esperienze partecipative capaci di attivare i contenuti teorici e trasformare la fruizione in coinvolgimento.

 L’allestimento delle teche e la realizzazione dei “fuori teca” sono stati curati da collettivi di studenti del corso magistrale AMaC, ciascuno dei quali ha elaborato una teca come esperienza curatoriale autonoma, sperimentando metodologie di progetto, ricerca e installazione. I testi introduttivi della mostra e quelli che accompagnano le teche e i “fuori teca” sono stati redatti da gruppi di studenti del primo anno della Scuola di Specializzazione, che hanno fornito l’apparato di mediazione essenziale per orientare la visita e approfondire i contenuti.

 La mostra è il risultato di un laboratorio interdisciplinare che unisce studio, pratica e immaginazione. Un percorso che invita a ripensare i nostri modi di abitare – il corpo, l’oggetto, la città – attraverso lo sguardo critico e trasformativo dell’architettura radicale.

Il progetto fa parte delle attività svolte dall’unità dell’Università di Bologna nel quadro del progetto PRIN finanziato dall’Unione Europea – NextGenerationEU attraverso il Ministero dell’Università e della Ricerca italiano nell’ambito del PNRR - Missione 4 Componente 2 Investimento1.1. - Progetto PRIN 2022 “Radical Exhibited Thought Exhibitions of Architecture in Italy in the Contemporary Age”, Codice Progetto 2022CHASRE_001, CUP J53D23013130006.

Album

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Casabella, luglio 1972, n. 367

Architettura radicale

Tra la metà degli anni Sessanta e la metà degli anni Settanta, in un clima di forte cambiamento politico-culturale, acceso da lotte operaie e proteste studentesche, l’Italia risulta essere una vera e propria fucina di idee in ambito architettonico.

 Una nuova generazione di architetti inizia a mettere in discussione le basi stesse dell’architettura, elaborandone una visione “radicale”, non vedendola più come oggetto fisso e permanente, ma piuttosto come tramite per nuove modalità di abitare il pianeta. 

 In Italia, con gruppi come Archizoom Associati, Superstudio, UFO, 9999 e Gruppo Strum, il progetto si smaterializza in favore del processo ideativo e concettuale: le costruzioni tradizionali sono abbandonate, preferendo ad esse ambienti minimi, strutture mobili e dispositivi relazionali. Anche l’abito può diventare spazio, il corpo stesso si trasforma in architettura, il gesto si fa pratica progettuale. In sostanza, si tratta di trasformare ogni azione, ogni oggetto, ogni frammento di spazio in atto critico, lasciando il fruitore libero di esprimersi scegliendo come organizzare il proprio habitat.

 Il territorio non è più pensato come un insieme da pianificare, ma come un campo mutevole, un’infrastruttura mentale: nascono così le griglie modulari, i pattern infiniti e le superfici continue – come quelle del Monumento Continuo di Superstudio o della No-Stop City di Archizoom – che si oppongono all’idea di città impostata secondo i criteri della zonizzazione. L’architettura radicale rifiuta così di produrre nuovi oggetti o edifici come mere merci da immettere sul mercato. Preferisce invece agire sulla cultura materiale e simbolica, proponendo ambienti effimeri, architetture utopiche e performance urbane volte a decostruire i codici spaziali dominanti e a rivelare le strutture ideologiche sottese alla modernità architettonica.

 In altri termini, riprendendo il pensiero di Filiberto Menna (1972), gli oggetti non dovevano più imporsi come strumenti capaci di determinare in modo rigido il comportamento dell’utente, ma piuttosto aprire spazi di libertà, offrendo nuove occasioni per l’esercizio autonomo delle scelte del destinatario. In questa prospettiva, Gianni Pettena (2017) osserva la necessità di svincolarsi dalle logiche di mercato e del lavoro per recuperare una condizione non alienata, fondata sull’indipendenza e sulla capacità inventiva.

 Così, la pratica progettuale si espande oltre il disegno e oltre la costruzione: architetti, artisti e designer collaborano creando manifesti, editorie alternative, esperienze partecipative. L’obiettivo non è più creare forme finite, ma innescare nuove modalità di relazione e consapevolezza. Esperienze come Global Tools (1973-1975) testimoniano questa tensione verso un sapere orizzontale e diffuso, in cui la manualità, la sensibilità corporea e l’autoproduzione si sostituiscono alla logica industriale e seriale, rifiutando la mercificazione dei processi creativi.

 La critica al sistema capitalista non è però diretta, ma avviene piuttosto attraverso il recupero e la risemantizzazione del linguaggio popolare proprio della cultura di massa.

 L’architettura radicale riflette ciò che Umberto Eco aveva già descritto come una forma d’arte “che, per afferrare il mondo, vi si cala assumendone dall’interno le condizioni di crisi, usando per descriverlo lo stesso linguaggio alienato in cui questo mondo si esprime […] lo spoglia della sua qualità di condizione alienanteci, e ci rende capaci di demistificarlo” (Umberto Eco, Opera aperta. Forma e indeterminazione nelle poetiche contemporanee, Bompiani, Milano, 1962, p. 271).

 Sulla base di questa prospettiva, l’architettura radicale risulta essere un atto critico, un metodo di indagine sul presente: non crea oggetti, ma innesca pratiche; non abita edifici, ma trasforma gesti, corpi, territori. A distanza di cinquant’anni, il suo insegnamento è ancora un invito urgente: abitare è un atto di resistenza, di immaginazione, di rivoluzione quotidiana.

 

Album

Superstudio

La Superarchitettura, ideata da Archizoom e Superstudio nel 1966, ricostruita in occasione della mostra "Superstudio 50", 21 aprile-04 settembre 2016, MAXXI, Roma. Fonte Wikimedia Commons

Ricerca di strumenti alternativi (17 novembre - 22 dicembre 2025)

SEZIONE 1

Re-living Radical Architecture

 

Collettivo Radical Tools: Marco Fornasiero, Mariia Moroz, India Ricchi, Irene Lorusso, Matilde Pardini, Alessia Frerotti, Leatitia Keman

 

L’architettura radicale è una delle esperienze più significative del secondo Novecento italiano, capace di ridefinire i confini tra arte, design e politica. Questa stagione progettuale, emersa dal clima sperimentale degli anni Sessanta, non è riconducibile a un unico stile o manifesto, ma piuttosto a una costellazione di pratiche critiche che, pur partendo dal progetto architettonico, lo superano per interrogare il senso stesso dell’abitare, del consumo e della produzione culturale. Gruppi come Superstudio, Archizoom, 9999, UFO e Zziggurat, formatisi prevalentemente nell’ambiente fiorentino, mettono in discussione il ruolo dell’architetto tradizionale, opponendo alla funzionalità modernista l’immaginazione utopica, alla produzione edilizia la riflessione teorica, alla costruzione fisica la creazione di mondi concettuali.

 In questo contesto si inserisce l’esperienza dei Global Tools (1973-1975), una “contro-scuola”, nata con l’obiettivo di creare un laboratorio interdisciplinare e autogestito. Ispirato dichiaratamente al Bauhaus, Global Tools si articolava in gruppi tematici – corpo, comunicazione, costruzione, sopravvivenza, teoria – promuovendo un sapere esperienziale e anti-gerarchico.

 La pedagogia dei Global Tools si basava sull’esercizio diretto, sulla relazione tra corpo, ambiente e materiali naturali, dove la riscoperta delle tecniche artigianali era in netta opposizione alle logiche produttive alienanti della modernità. L’obiettivo non era produrre oggetti ma stimolare una coscienza critica e creativa nei partecipanti. Oggi, a distanza di cinquant’anni, in un presente segnato da crisi ambientali e sociali, il loro lascito utopico può ancora offrire spunti vitali per immaginare forme alternative di abitare il mondo.

Teca 1

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L’allestimento della teca ruota intorno a un nucleo centrale, la “torre di libri” che raccoglie la bibliografia di cui il collettivo Radical Tools si è servito per ricostruire e ripensare in chiave contemporanea il progetto dei Global Tools. Composta da testi di natura eterogenea – monografie, riviste, raccolte di scritti – la torre è sormontata da Global Tools 1973-1975: Quando l’educazione coinciderà con la vita (2018), che ha riunito in un’unica pubblicazione fotografie, documenti d’archivio e contributi critici utili a comprendere la complessità di questo innovativo esperimento pedagogico.

 Intorno alla torre sono disposte le riproduzioni della prima pagina di ciascuno dei cinque capitoli in cui il volume si articola (Comunicazione, Corpo, Costruzione, Sopravvivenza, e Teoria), i principali temi di ricerca con cui gli artisti e i gruppi che animarono l’esperienza dei Global Tools si confrontarono. Ogni capitolo è affiancato da una o più fotografie in bianco e nero che documentano le attività svolte nei laboratori tematici in cui erano organizzate le attività pedagogiche del movimento.

 Uno spago di colore rosso collega fra loro i materiali all’interno della teca: in tal modo si intende evocare il primo dei quattro workshop ideati dal collettivo Radical Tools. A questi, ispirati ai laboratori degli anni Settanta, si è voluto dare risalto nella zona superiore della teca al fine di evidenziare il rapporto dialettico che si instaura fra passato e presente: sul vetro di questa sono infatti incollate le fotografie a colori di ciascuno dei workshop che si sono tenuti nel maggio del 2025, mentre fuori dalla teca è collocato un piccolo libro fotografico fatto a mano, modellato sul sottostante volume Global Tools 1973-1975, che documenta in modo più ampio i laboratori e che il visitatore è invitato a sfogliare.

Materiali Teca 1

fig. 01

Chiara Baglione (a cura di), Casabella 1928-2008, Milano, Mondadori – Electa Architettura, 2008

fig. 02

Andrea Branzi, Moderno postmoderno millenario. Scritti teorici 1972-1980, Torino-Milano, Studio Forma- Alchymia, 1980

fig. 03

Jacques Rancière, Lo spettatore emancipato, Roma, DeriveApprodi, 2018

fig. 04

Valerio Borgonuovo, Silvia Franceschini (a cura di), Global Tools. Quando l'educazione coinciderà con la vita, 1973-1975, Roma, Nero, 2018

Ispirandosi a Global Tools, il collettivo Radical Tools ha organizzato una serie di workshops in cui si è voluto riproporre il progetto degli anni Settanta in una chiave contemporanea. I laboratori sono stati orientati sulle aree tematiche trattate nei primi quattro capitoli della pubblicazione e dunque, negli stessi workshops del progetto originario: Comunicazione, Corpo, Costruzione e Sopravvivenza. Tutti i laboratori sono stati organizzati nel chiostro di Santa Cristina che, per l’occasione, è stato suddiviso in zone attraverso una griglia di fili. Questa simboleggia la comunicazione e la costruzione di una connessione tra i partecipanti, chiamati ad interpretare il progetto come una “scuola” di espressione temporanea, aperta a tutti e volta alla creazione di uno spazio in cui la pura creatività possa essere espressa liberamente.

I quattro workshops sono stati organizzati nel corso di due giornate, il 29 e il 30 maggio 2025. Una breve introduzione ha preceduto il vero e proprio laboratorio e ha esplicitato l’interpretazione data dal collettivo della quinta sezione di Global Tools, la Teoria. Tuttavia, questa non ha avuto lo scopo di fornire un protocollo ma piuttosto quello di narrare il contesto del progetto. Il workshop Comunicazione si è focalizzato sulla stimolazione di un dibattito collettivo tra i partecipanti, materializzato nel filo tenuto da ogni persona intervenuta nella discussione. Corpo è stato un laboratorio libero, nel quale le persone hanno utilizzato alcuni materiali di reimpiego con l’obiettivo di creare delle “maschere” o “costumi”, svincolandosi o meno dai limiti corporei. Nella giornata successiva, il workshop Costruzione si è basato sulla fabbricazione di una tenda: un luogo sicuro, temporaneo, abitabile ma slegato dalle logiche architettoniche tradizionali. Le attività si sono concluse con il laboratorio Sopravvivenza: nella tenda-rifugio i partecipanti hanno condiviso un pasto comunitario.

Workshop del collettivo Radical Tools, Chiostro di Santa Cristina, 29–30 maggio 2025

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SEZIONE 2

 

ARCHITECTURE EN BOITE – to be is to inhabit

 

Collettivo Collagène: Joana Vicente, Ruben Barbati, Giulia Vitaly, Marta Muzzi, Iman Hadeg, Erika Kucaj, Lara Silveira, Jeanne Duprey

 

Nel 1969, in occasione della Biennale Trinazionale di Graz, il gruppo Superstudio inaugura la produzione dei suoi primi Collage, destinati a diventare il principale strumento di comunicazione della loro idea di architettura. Le forme tradizionali di rappresentazione architettonica vengono sostituite dal fotomontaggio, il quale diventa il mezzo privilegiato per costruire un “discorso per immagini”, in cui riflessione teorica e progetto architettonico si fondono in un racconto visivo.

Combinando fotografie, disegni tecnici eseguiti a mano (a matita, china e aerografo) e immagini tratte dalla cultura pop e dai media, Superstudio mette in scena paesaggi impossibili, dominati da strutture geometriche essenziali come immense griglie o architetture monolitiche, che attraversano città e territori incontaminati. Le immagini risultanti affascinano per la loro forza visiva, costruite con un realismo attento che rende credibili scenari radicali e utopici.

 Il fotomontaggio continua a costituire la base visiva e concettuale anche degli Atti Fondamentali, una serie di cinque racconti pubblicati tra il 1972 e il 1973 sulla rivista Casabella. In questi lavori, Superstudio elabora veri e propri storyboard in cui testi, immagini e disegni costruiscono la narrazione di cinque condizioni universali – Vita, Educazione, Cerimonia, Amore, Morte – successivamente tradotte in video.

 Con i Collage, Superstudio supera il concetto tradizionale di rappresentazione, trasformando il fotomontaggio in un potente strumento teorico, narrativo e poetico.

Teca 2

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“Non vi mostreremo la casa, ma come viviamo nella casa invisibile” affermano i membri di Superstudio nel video-manifesto The Ceremony (1973). La casa diventa griglia, una superficie piana fatta di assi che consente di crescere e relazionarsi con gli altri. Un’architettura dell’esperienza, che non si osserva, ma si vive. La mostra ha qui come scopo l’interrogarci su come abitiamo lo spazio e come potremmo immaginarlo diversamente. In dialogo con il pensiero del collettivo ci muoviamo verso un’architettura immateriale, fondata su valori come il nomadismo, la ritualizzazione della vita quotidiana e il rifiuto delle gerarchie imposte.

 La teca è arricchita da libri, immagini e parole che richiamano i temi del collage e della cerimonia. Il primo tema è evocato sul fondo, con una riproduzione ingrandita di uno dei primi collage di Superstudio, simbolo della genesi del loro pensiero. Altri collage sono collocati sul lato destro, accostati al libro di Martino Stierli, che indaga come il montaggio sia stato usato da architetti e artisti per rappresentare la complessità della metropoli moderna. Il tema della cerimonia è approfondito sul lato sinistro da un’intervista a Riccardo Benassi, la cui mostra Attimi Fondamentali si intreccia agli iconici Atti Fondamentali, di cui vengono mostrati alcuni frame, insieme al n. 367 di Casabella, in cui vennero pubblicati nel 1972. Al centro della teca, omaggio all’installazione al MoMA dello stesso anno, spicca un modello che sovverte la bidimensionalità dei collage e attraverso lo specchio esplora la griglia nella sua dimensione infinita, una vera e propria scatola immersiva, che offre un’esperienza concreta dell’architettura invisibile.

Materiali Teca 2

fig.10

Martino Stierli, Montage and the Metropolis: Architecture, Modernity, and the Representation of space, New Heaven - London, Yale University Press, 2018

fig. 11

“Vita Educazione Cerimonia Amore Morte. Cinque storie del Superstudio”, in Casabella, luglio 1972, n. 367, pp. 15-26

fig. 12

Riccardo Benassi, Attimi Fondamentali, Milano, Mousse, 2012

Il raggio di esplorazione dell’approccio multidisciplinare che caratterizza l’immaginazione creativa di Superstudio è talmente vasto che è impossibile contenere tutti gli esiti di questa ricerca in una teca. Per questo la mostra propone un percorso diffuso attraverso una Books Treasure Hunt, per approfondire i temi legati agli Atti Fondamentali, come Supersuperficie e Cerimonia, o esplorare la collezione di mobili ispirata agli Istogrammi di Architettura, con il loro design lineari e l’iconico pattern a griglia, e i collages creati dal collettivo per il progetto Monumento Continuo, un’infinita struttura immacolata che marcia imperturbabilmente intorno al globo; o ancora esplorare altri progetti di primo piano dell’architettura radicale della scena fiorentina degli anni Settanta, come Vestirsi è facile, lo storico esperimento di clothing design del gruppo Archizoom.

 I libri della Biblioteca Supino non costituiscono soltanto un rimando, ma parte integrante del progetto espositivo: frammenti di un più ampio collage che si dispiega nello spazio e invita alla scoperta. Per mezzo dell’azione di scoprire queste opere nei libri della biblioteca, leggere diventa un “atto fondamentale” e dà forma all’idea che ogni architettura è un edificio per una cerimonia sconosciuta. I visitatori sono invitati a scegliere un libro dalla lista e consultare l’estratto suggerito per entrare nel mondo di Superstudio e degli altri collettivi radicali.

 E che caccia al tesoro sarebbe senza un premio? Al termine del percorso, sarà possibile ritirare un piccolo “tesoro” simbolico al front desk della biblioteca, come segnalibri, stickers e cartoline.

Books Treasure Hunt nella Biblioteca Supino

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Crediti

Mostra a cura di Anna Rosellini con la collaborazione di Alessandro Paolo Lena e Stefano Setti

Testi redatti dagli studenti della Scuola di specializzazione in Beni storico-artistici: Marica Albanese, Ilaria Bartoli, Nicolò Barzon, Silvia Biolchini, Alysson Yulianna Bustamante Tamayo, Silvia Cesari, Mauro Chines, Simone Ciocchetti, Roberto Ciulla, Marina Crocoli, Andrea De Simone, Samantha De Vitis, Fabio Garbin, Sebastiano Giaimi, Lorena Giocolano, Giovanni Antonio Morciano, Andrea Moretti, Miriam Musumeci, Angelika Aleksandra Otczicz, Ilaria Parini, Michelle Polignano, Maria Elisabetta Poluzzi, Marta Pompei, Emiliano Riccobono, Beatrice Rinaldi, Valentina Rubino,  Matteo Santise, Luna Scala, Elettra Schiavo, Luca Sorichetti, Viola Tasselli

Allestimento a cura degli studenti del corso di Laurea magistrale in Arti Visive, curriculum AMaC: Collettivo Collagène (Joana Vicente, Ruben Barbati, Giulia Vitaly, Marta Muzzi, Iman Hadeg, Erika Kucaj, Lara Silveira, Jeanne Duprey); Collettivo Radical Tools (Marco Fornasiero, Mariia Moroz, India Ricchi, Irene Lorusso, Matilde Pardini, Alessia Frerotti, Leatitia Keman); Collettivo Tagga (Artemisia Bernardi, Tommaso Origani, Giulia Perna, Alessia Trimarchi, Gaia Vassena); Collettivo Krikku (Elena Debernardi, Giulia Evangelista, Matilde Gatti, Erika Korriku); Collettivo Super Ris8 (Katarina Cokrlic, Cecilia Colagiovanni, Flaminia Ciuferri, Jessica Leone, Isabella Ravera, Ekaterina Rybakova, Elizaveta Sidorova, Gemma Tolfo); Collettivo 3 ½ (Alice Botti, Giorgia Dargenio, Giulia Marsigli, Ang Pema Melis, Alice Pieriboni, Elena Pietrobon, Antonella Piredda, Francesca Weber)

Supervisione, mostra online, comunicazione: Giulia Calanna, Caterina Cossetto